Categoria: Historia religião teologia filosofia

  • Agosto de 1965. «Visita alle Azzorre»

    Views: 0

    Edgar Aubert de la Rüe (Geneva, 7 de Outubro de 1901 – Lausana, 24 de Fevereiro de 1991) «est un ingénieur-géologue franco-suisse formé à l’Institut de géologie appliquée de Nancy. Ses nombreux voyages, principalement dans les colonies françaises, l’amènent à étendre ses champs d’intérêt à la géographie humaine et à la photographie. Il est considéré comme un spécialiste des îles (« L’Homme et les îles », 1935). Il a notamment séjourné à Saint-Pierre-et-Miquelon, aux Nouvelles-Hébrides et a été le pionnier de l’exploration intérieure des îles Kerguelen.», segundo a Wikipédia.
    De la Rüe, nas suas viagens, passou pelos Açores. É por isso, certamente, que os Açores são referidos múltiplas vezes no seu «L’Homme et les îles». Mas é por isso, também, que publicou sobre os Açores na revista de viagens «Le Vie del Mondo», em particular no n.º 8 do ano XXVII, em Agosto de 1965. O artigo intitula-se «Visita alle Azzorre». Num preâmbulo do artigo lê-se o seguinte:
    «Il nostro collaboratore [Edgar Aubert de la Rüe], durante un lungo soggiorno nelle Azzorre – nove isole sparpagliate in mezzo all’Atlantico – ha raccolto un’eccezionale documentazione. Offriamo ai lettori il « rapporto » di E. Aubert de La Rüe sull’arcipelago certo tra i più allettanti del mondo per la sua bellezza e primitività»
    De acordo com a lista de viagens do autor em https://bit.ly/3LeE7ub, ele terá estado nos Açores várias vezes entre 1933 e 1973. Datando o artigo de 1965, é provável que as fotografias que o ilustram, do autor, sejam pouco anteriores.
    Vale a pena ler o artigo. Destaco o seu final:
    «La lontananza, l’isolamento geografico, le attrezzature alberghiere quanto mai sommarie (fatta eccezione per due o tre buoni alberghi a São Miguel) consentiranno alle Azzorre di vivere ancora per qualche tempo al ritmo tranquillo e lento del passato. Quando i progetti volti a incrementare il turismo saranno divenuti realtà, anche questo bell’arcipelago conoscerà l’invasione degli stranieri. Saprà allora conservare intatte le proprie caratteristiche e tutto ciò che concorre oggi a formarne l’incanto?»
    Outros extractos:
    «Alle Azzorre i vulcani oltre alla funzione decorativa ne hanno anche una pratica, soprattutto la caterva di piccoli coni che si sono formati in un secondo tempo sui fianchi delle grandi « caldeiras ». Gli isolani li sfruttano scavandoli profondamente per estrarne lava, impiegata come materiale da costruzione oppure per pavimentare le strade, o anche ricavandone deliziosi crateri-giardino umidi e ben protetti dal vento.
    Generazioni intere hanno dovuto faticare parecchio, prima che l’arcipelago si coprisse di giardini e di campi. La foresta che am- mantava originariamente le isole ne ha fatto le spese; ma è stato necessario lavorare duro per trasformare in pascoli e in terreni arativi anche le colate. Grandi zone sono state spianate, dopo che i blocchi di lava che le coprivano erano stati rimossi e utilizzati per levare muri a riparo del vento. I declivi troppo ripidi vennero addolciti adottando il sistema della coltivazione a terrazze sostenute da muretti di lava. Alcune colate relativamente recenti e ancora irte di asperità pericolose sono state abbandonate a una vegetazione di arbusti contorti lauri, in genere il cui fogliame serve da foraggio e il legno da combustibile. È, a esempio, il caso dei torrenti di lava scesi dalle alture fra Capelo e Areeiro, a Faial, il 12 aprile 1672, durante l’unica eruzione vulcanica registrata dalle cronache di quest’isola prima di quella del 1957-58. In varie zone rocciose di questo tipo sono stati piantati alberi di facile attecchimento: pini, eucalipti, e soprattutto cryptomerie, conifere del Giappone di rapida crescita, il cui legname è impiegato nelle costruzioni, e che oggi coprono vaste distese, a Faial e a São Miguel, riparando almeno in parte i danni del diboscamento avvenuto durante cinque secoli di colonizzazione. Ben poco è rimasto dei boschi originari, sulle vette di Pico e di Flores e sul fondo dell’ampia « caldeira » di Faial. Sulle pendici di Pico, i boscaioli abbattono gli ultimi cedros i ginepri dal legno odoroso, che i velieri trasportano quasi giornalmente a Horta, dove sono venduti come legna da ardere. La splendida vegetazione delle Azzorre non è indigena; consta pressoché esclusivamente di piante e alberi provenienti da diverse parti, le quali formano un paesaggio vegetale straordinariamente vario, a carattere tropicale.»
    «Le colture dominanti sono il frumento e il granoturco; le pannocchie che vengono con- servate per le semine successive sono appese in grossi grappoli ai pali rizzati nei cortili delle case, per preservarle dai topi. La coltivazione delle piante tropicali la patata dolce, il taro, chiamato qui col nome di « inhame » e il banano sostiene una parte importante nell’alimentazione. Mentre i banani delle Azzorre, benché protetti contro il vento da siepi alte e robuste, danno frutti di qualità assai mediocre, l’ananasso dal 1864 è una specialità dell’isola di São Miguel – vi prospera magnificamente. La produzione su larga scala si pratica in serre riscaldate esclusivamente dal sole. Le chiamano le « estufas »; le più grandi contengono fino a 2000 piante. Gli ananassi delle Azzorre – i migliori del mondo, a detta dei coltivatori – sono destinati al mercato europeo.
    Un’antica coltura, quella della canna da zucchero, è stata abbandonata da un pezzo e sostituita dalla barbabietola, che fornisce la materia prima allo zuccherificio di Ponta Delgada. Importante è altresì la produzione della cicoria, disseccata sul posto ma lavorata poi nel Portogallo. Ricorderemo ancora le piantagioni di tè di São Miguel, dall’aroma mediocre, e di ta- bacco, che in parte viene lavorato sul posto.
    I vigneti, quelli di Pico specialmente, risalgono al XVI secolo. Un tempo rigogliosi, intorno al 1860 furono distrutti dall’oidio, ciò che spinse gli isolani a un’emigrazione massiccia verso il Brasile. Più tardi, la coltivazione venne ripresa, ma su scala ridotta, con barbatelle nuove; i vini bianchi e rossi che si producono oggi a Pico sono molto apprezzati. Anche le vigne di Graciosa danno un ottimo vino bianco. Vigneti assai belli, con i tralci che si allungano dai ceppi come zampe di ragno e mantenuti orizzontali per mezzo di brevi paletti, si trovano pure a São Miguel fra Lagoa e Vila Franca.
    Gli aranceti un tempo costituivano la ricchezza delle Azzorre. La maggior parte del raccolto veniva esportata in Gran Bretagna. Purtroppo una malattia delle piante segnò la fine di quest’attività, e nel 1880 le esportazioni cessarono del tutto. Nuovi aranceti furono piantati in seguito, ma c’è da dire che arance, mandarini e limoni delle Azzorre non sono gradevoli al palato. L’umidità eccessiva del elima è pregiudizievole alla qualità.
    Qua e là si scorge un fico o un « guajavas », ma nulla più. La mancanza di alberi fruttiferi europei viene fatta risalire all’uniformità della temperatura e alla circostanza che non si ha una successione ben definita delle stagioni, assai necessaria ai meli, ai ciliegi, ai susini.»
    «Le isole di Flores e di Corvo, entrambe assai remote, si trovano all’estremità occidentale della ghirlanda insulare. Tutt’e due offrono un approdo difficile e i battelli le toccano di rado, ma quanto a fascino e a bellezze naturali non sono affatto inferiori alle altre. Gli abitanti di Flores affermano che la loro isola è « la Svizzera delle Azzorre », riferendosi alla sua natura scoscesa, ai laghi e ai pascoli. Altri, invece, rivendicano questa definizione all’isola di São Jorge.»
    «Le case di campagna sono rustiche e solide. Il basalto vi ha grande parte. Le più antiche, fatte di blocchi irregolari e coperte da un tetto di stoppie, vanno scomparendo; le poche rimaste sono state spesso adibite a granaio. Giunture, spigoli, cornici delle finestre e delle porte sono accuratamente imbiancate a calce. Il tetto, senza sporgenza, è a due versanti poco inclinati coperti di tegole convesse. Un camino imponente, sul tipo di quelli che si vedono nell’Algarve, sovrasta la casa. Le finestre, in genere, sono a telaio scorrevole; mancano le imposte esterne, che si notano invece in quasi tutte le costruzioni più moderne, insieme con le finestre a due battenti.
    I motivi ornamentali e la purezza della linea di certe case signorili di campagna, abitate oggi da gente di umile condizione, testimoniano del gusto di coloro che le costruirono due secoli fa, o anche prima. Le più belle sono a Santa Maria e a Graciosa: nonostante i segni dell’usura del tempo queste case conservano ancora la nobile, antica impronta. Una caratteristica comune alle abitazioni isolate di campagna e dei villaggi è la loro piccolezza.
    L’illuminazione elettrica è ancora ignorata, salvo nei centri principali. Adesso incominciano a installarla in alcuni villaggi, insieme con l’acqua, che viene distribuita da qualche fontana pubblica. Ma in campagna, per lo più, ogni famiglia dispone di una propria cisterna per la raccolta dell’acqua piovana.
    In quest’arcipelago scarsamente industrializzato se togliamo – alcune fabbriche raggruppate quasi tutte intorno a Ponta Delgada – e ancora oggi a economia eminentemente agricola e pastorale, dove la popolazione vive secondo il ritmo dei secoli passati (un rilievo, questo, che non ha sottintesi peggiorativi), credevo di trovare viva la tradizione di un artigianato fiorente. Mi ero ingannato. Beninteso, nelle cittadine e nei villaggi gli artigiani non mancano, le donne lavorano ai merletti. Ma i mercati sono una fonte di delusioni, se si paragonano a quelli pittoreschi del Portogallo. I lavori in vimini, molto ben fatti (gli isolani sanno ricavare una quantità di oggetti), sono, direi, il solo prodotto artigianale dell’arcipelago, a parte le cianfrusaglie scolpite in avorio di capidoglio per uso dei turisti.
    L’aspetto emaciato degli abitanti, qualunque ne sia la condizione, lascia stupito il forestiero. E ancor più lo stupisce la grande povertà di tanta parte della popolazione. Il contrasto fra la miseria della gente e la fertilità del suolo, bene coltivato e che dà almeno due raccolti l’anno, il fiorente allevamento del bestiame e la pescosità delle acque circostanti è profondo. Tutti questi elementi dovrebbero assicurare un certo benessere e un discreto tenore di vita ai laboriosi isolani. Numerosi segni stanno a dimostrare il contrario. Nella realtà la popolazione di queste isole conduce un’esistenza più che modesta, a volte addirittura miserabile. La causa prima pare sia da attribuire alla natalità eccessiva e al conseguente sovrappopolamento. E vero che il costo della vita è rimasto bassissimo, rispetto a quello di molti altri Paesi; però i salari sono irrisori.»
    +10
    All reactions:

    6

    Like

    Comment
    Share

  • Arcebispo açoriano vai representar Papa em África – Açoriano Oriental

    Views: 0

    D. José Avelino Bettencourt será transferido da Geórgia, Arménia e Azerbaijão para representar o Vaticano nos Camarões e Guiné Equatorial

    Source: Arcebispo açoriano vai representar Papa em África – Açoriano Oriental

  • ABAIA USAR OU NÃO

    Views: 0

    Confunde-se tudo! A abaya não é necessariamente um vestido religioso. Depende da região, do país. Há muçulmanas que usam, outras não.
    Concordo que não se use nas escolas a burka ou outras que tapem a cara num estado laico. É preciso que se identifiquem as pessoas; não tem sentido não saber se determinada aluna é ela, a prima ou a tia, etc.
    Mas a abaya não tapa a cara e num país livre qualquer um deve poder vestir o que quer.
    Quanto aos símbolos religiosos quase brincamos ou não reparamos. Há símbolos religiosos por todo o lado, principalmente cristãos. Vão tirar também os crucifixos que tanta gente usa ao pescoço? Vão mudar os nomes das ruas e cidades que têm nomes de santos? Vão disfarçar as igrejas com tapumes, como se fazia em Portugal com as sinagogas no séc. XIX, quando começaram a ser permitidas?
    Não se trata do estado laico. Trata-se de atirar areia para os olhos escondendo problemas do quotidiano, como a segregação, a xenofobia, a falta de oportunidades para a segunda ou terceira geração de imigrantes, que até têm nacionalidade francesa.
    Se essas alunas não forem à escola, ficam sujeitas a quem? E depois? Vão prendê-las, vão deportá-las (talvez não possam porque têm nacionalidade francesa)?
    Espero que o governo francês não faça recordar, não volte aos tempos de triste memória, como a deportação de judeus de nacionalidade francesa, em que os colaboracionistas, do governo de Vichy, exportavam pessoas ainda mais diligentemente que os alemães, para os campos de extermínio ou as perseguições aos franceses de origem argelina, durante a guerra da Argélia.
    Não são pequenas coisas. Começa-se por aí.
    JN.PT
    Quase 300 alunas foram para as aulas com abaya e dezenas foram mandadas para casa
    António De Borja Araújo

    O Estado francês andou mal. Ou promulgavam um código de vestuário abrangente ou, conforme fizeram, tratou-se de um simples acto de discriminação. Afinal, a abaya é mais respeitosa do que muitas peças de vestuário usadas, actualmente, pela malta nova qu…

    See more
    João Simas

    António De Borja Araújo Em Portugal, normalmente o problema é ao contrário, alunas mais despidas do que vestidas. Nunca liguei muito a isso, mas já me aconteceu haver, mais que uma vez, uma aluna queixar-se de ter frio por causa de uma janela aberta (nas aulas tinha sempre pelo menos uma janela aberta, porque não estou para apanhar mais virus, dióxido de carbono e outros, com tanta gente a respirar). A resposta que dava era: vista-se com mais roupa que isso passa! Mas tive um colega de Biologia que mandou várias alunas (de barriga à mostra), vestirem-se com uma bata, mesmo numa aula mais teórica. Mas essa também é uma questão difícil. Se alguém diz alguma coisa vem logo um chorrilho de acusações, sobretudo se o professor for homem, normalmente de gente que não quer saber do ensino. Nunca tive paciência para entrar nesses “fait divers”.
    • Like

    • Reply
    • Edited
    View more replies
  • rússia e chechénia

    Views: 1

    In 1999, the Russians erased the capital of Chechenia, Grozny. But three years before that, Russia signed a peace treaty with the Chechens.
    They lost the war and needed a break. They did that only to come back and kill up to 300,000 Chechens, 25% of the entire small but proud nation that simply wanted freedom.
    This is how peace talks with Moscow always end.
    That is why Ukraine doesn’t want talks, until Russia leaves its land. That is why we are all asking for arms.
    Incidentally, the 1st Chechen President Dzhokhar Dudayev was killed by a Moscow missile during a telephone conversation on April 21, 1996. They calculated his location and killed him, pretending to negotiate.
    In 1995, he said in one of his interviews: “Russia will eventually face Ukraine. Russia will fall when the sun of Ukrainian freedom rises.”
    Dudayev knew this 28 years ago.
    All reactions:

    8

  • memórias rádio macau 1977-1982

    Views: 0

  • PÁGINA NEGRA DA JUSTIÇA PORTUGUESA

    Views: 0

    Em 1758, um atentado contra D. José I, alegadamente motivado por questões de alcova, esteve na origem da queda em desgraça de uma família da mais antiga nobreza lusitana (os Távora), na hipertrofiação do poder e importância de um homem despótico e ressabiado (o Conde de Oeiras) e, um ano depois, na extinção da Companhia de Jesus seguida da expulsão dos seus membros do país.
    António Manuel Cortes

    Tudo baseado num vergonhoso processo onde, até à luz da legislação existente à altura, todos os procedimentos legais foram violados. Desde os depoimentos serem obtidos debaixo de tortura, inclusivamente os das testemunhas, até ao facto de não ter sido permitido aos réus constituirem advogados de defesa e de terem acesso ao processo, até ao facto de o Marquês de Pombal ter assistido a todas as diligências, inclusivamente aos interrogatórios e ao julgamento. Para cúmulo, foi proibido aos réus recorrerem da sentença e esta foi executada na manhã seguinte a ter sido proferida.
    • Like

    • Reply
    All reactions:

    4

  • o OUTEIRO DO CORVO

    Views: 0

     

    O largo Outeiro, localizado no cento da vila do Corvo, era frequentado, essencialmente, pelos homens mais velhos da ilha. No entanto, as mulheres, com muito menos regularidade, geralmente em “Dia de Vapor” e sempre durante a manhã ou princípio da tarde, também o frequentavam. Sentavam-se aconchegadas umas às outras na banqueta principal e, num misto de curiosidade e bisbilhotice, murmuravam entre si, quem seria fulano ou beltrano e o que teria vindo fazer à ilha.
    May be an image of 10 people

    All reactions:

    You, Urbano Bettencourt, Henrique Schanderl and 82 others

    18 comments
    4 shares
    Like

    Comment
    Share
    View more comments
    Urbano Bettencourt

    Obrigado. Também tinha a ideia de que o Outeiro era um lugar mais de assembleia masculina.
    Active
    Fernando A. Pimentel

    Urbano Bettencourt de assembleia masculina e principalmente de homens de mais idade.
  • O ENCALHAR DO SLAVONIA

    Views: 0

    No n. the 27th of the 43rd the year of «L’Événement» (a Quebec City daily newspaper), from Wednesday, June 16, 1909, the case of Slavonia is reported from the mouth of passengers. It was, apparently, a shipwreck with a soundtrack:
    “The Shipwreck of Slavonia
    The tale of a few passengers
    Edge music plays the best tracks in his repertoire to calm panic
    Gibraltar, 15. —The German cruise ship “Princess-Irene,” carrying first class passengers on board the English cruise ship “Slavonia” has arrived here.
    The “Batavia,” with the passengers from the “Slavonia,” has not arrived yet.
    One of the passengers, Dr. Joseph Smith, of Worcester, Massachusetts, made the sublime statement to reporters upon arrival in Gibraltar:
    “The fog was thick and we were marching at speed when the cruise ship, which the currents, swept off its course, went to the reefs.”
    “The accident occurred on June 10 [quinta-feira] at 2:30 a.m. Inhabitants of the island of Flores call the reefs on which “Slavonia,” “The Devil’s Mouth.” “
    “Not a single “”Slavonia”” passengers were injured and their transfer on board “”Princess-Irene”” was without incident.” “
    “Slavonia” had had good weather until the Azores neighborhood where it encountered fog.
    Shortly after the cruise ship crashed on the reefs, the water invaded the harbour, not long to win the engine room. The passengers, awakened by the noise, left their cabins and rushed onto the bridge. The first and second classes behaved admirably, but there were no third-class passengers who were very excited despite the commander and officers assuring that they were in no danger. So, to calm them down, the commander ordered the [b]ord music to play the best pieces of his repertoire, which was done. Popular air had a much more effect on the passengers of the warehouse than the words of the commander and his officers, and from the second piece of music everything was calm on board.
    Meanwhile, the alarm signal was sent by the telegraph on board, but it wasn’t until Thursday night that the “Princess-Irene” arrived near “Slavonia,” whose passengers were safe and sound on the island of Flores. All passengers unanimously praise the conduct of the commander, officers and crew of the Cunard Company cruise ship.
    All but six passengers continued their journey to Naples, aboard the “Prinzess-Irene.” “
    M. Milwaukee’s John Mitchell provides the following account of the shipwreck:
    “At 2:30 in the morning, we’re awakened by a great shock.” When we arrived on the bridge, the officers explained what had happened and almost all the passengers remained calm. Shortly after the music began to play, the most perfect order reigns on board. We were served lunch as if nothing had happened and, to our great pleasure, the music kept playing. It was only interrupted after an officer returned who, along with a few men, had gone ashore in a boat. A few hours later the country’s shipyards had carried us all to the island where we stayed until the next day to be transferred to the “Princess Irene.” “
    M. Mitchell adds that no one was injured and that there was only one incident. A third class passenger wanted to give himself death, but failed in his attempt. »

    See original

    Rate this translation
    May be an image of text that says "Conseil Lévis Echos élégraphiques cherchez prenez un Dixie ou Camillo cents- LEVENEMENT JOURNAL POPULAIRE MERCREDI. JUIN 1909 An-delà de 20 millions de tasses de CAFE SEAL BRAND DE CHASE & SANBORN ont été dégustées au Canada l'année dernière, F. SIMARD & CIE, ST-JOSEPH COSTUMES d'ETE POUR DAMES durant canistres Pourquoi' lbs. Jamais en paquer. NAUFRAGE DU SLAVONIA quelques passagers Coton Robe Fleurie répertoire 12c $3.50 Liste des Bons Marches POUR CETTE SEMAINE Sur Nos Comptoirs d'Occasions Broderie Ceintures Elastiques Points "Allover' 25c Jupons 19c coй-"

    All reactions:

    4

    Like

    Comment
    Share
  • REI DE PORTUGAL ANTES DE AFONSO H

    Views: 5

    ·

    Seguir

    Antes de D. Afonso Henriques alguém se proclamou rei de Portugal?

    Sim. Garcia Fernandes, tio-avô de Afonso Henriques.

    Portugal foi fundado como um condado, por Vímara Peres, em 868. Esse condado era parte do reino das Astúrias, e mais tarde, do reino de Leão. A linhagem de Vímara Peres sempre governou o condado Portugal (não Portucale) com grande autonomia.

    Mais tarde, o rei Fernando Magno de Leão e Castela, ao morrer em 1065, resolveu dividir o seu reino pelos seus três filhios. Ao mais velho, Sancho, deixou Castela. Ao do meio, Afonso, deixou Leão, Ao mais novo, Garcia, deixou a Galiza. Creio que na altura Portugal era um condado súbdito do rei da Galiza.

    O último conde da linha de Vímara Peres, Nuno Mendes, entrou em oposição a Garcia. O rei pretendia estreitar o domínio sobre o condado, e Nuno pelo contrário pretendia aumentar a autonomia. Travaram batalha em Pedroso em 18 de fevereiro de 1071. Na batalha, rei Garcia derrota e mata o conde Nuno Mendes. O condado passa então a ser controlado directamente por D. Garcia, que assume o título de Rei da Galiza e de Portugale. Assim Garcia foi o primeiro rei de Portugal.

    Durou pouco o seu reinado. No mesmo ano, os irmãos atacam-no, destronam-no, e repartem o seu reino: Galiza para Sancho de Castela, Portugale para Afonso de Leão. E Afonso aprisiona o irmão Garcia no castelo de Luna, onde viveu prisioneiro até à sua morte em 1090. Ainda que prisioneiro, foi tratado com honrarias, e teve permissão de usar trajes reais até à morte.

    Ainda hoje, no norte de Portugal, na zona de Castelo de Paiva, há uns penedos do “Regarcia”; segundo a lenda teria sido o último refúgio do rei Garcia antes de ser capturado pelo irmão.

    Já agora, uma continuação: os irmãos Afonso e Sancho defrontam-se também, e 1072 Sancho é assassinado durante o assédio à cidade de Zamora, pertença de sua irmã Urraca. Assim, Afonso fica o único sobrevivente, e torna-se Afonso VI, rei de Leão e Castela. Em 1079 foi pai de Elvira, em 1080 foi pai de Teresa, e em 1081 foi pai de Urraca (mesmo nome da sua irmã preferida). De mães diferentes, a todas tratou como Infantas de Leão e Castela, e arranjou-lhes casamentos condignos. A mais velha, Elvira, tem uma história brilhante, mas não falemos dela agora. As manas Teresa e Urraca, casou-as com cavaleiros que vieram de além Pirinéus juntar-se à causa da reconquista: Teresa casou com Henrique, filho do Duque da Burgonha, e a Urraca casou-a com Raimundo, filho do conde da Borgonha. (O Condado e o Ducado da Burgonha são entidades políticas e geográficas diferentes).

    Afonso VI entrega ao genro Raimundo toda zona oeste da península, para defesa contra os Almorávidas, mas depois divide o território: Mantém a Galiza com Raimundo, mas em 1096 reconstitui o condado Portucalense e entrega-o ao outro genro, Henrique. Ao condado Portucalense junta, entregando-o também a Henrique, o condado de Coimbra (o qual tinha sido governado por Martim Moniz, casado, sabem com quem ? Com Loba Nunes, filha do malogrado conde Nuno Mendes, último da linhagemn de Vimara, derrotado por Garcia, lembram-se?).

    Os cunhados Raimundo e Henrique envolvem-se na política de Leão e Castela e pretendem ter voz activa e mesmo protagonismo na sucessão de Afonso VI. Nisto são acompanhados pelas esposas, Urraca e Teresa, que mantêm uma intensa rivalidade. Teresa aparece nos documentos da época assinando vários diplomas como Teresa, infanta de Leão, condessa de Portugal. Após a morte de Henrique, Teresa, assume a chefia do condado, e incrementa a oposição a sua irmã Urraca. Acaba por se casar com com Fernão Perez, o mais impotante conde da Galiza, e propõe-se o plano de restaurar o reino do seu tio Garcia, e tornar o conjunto Galiza-Portugal-Coimbra num reino independente. Nessa altura, assume o título de raínha e assina documentos como Teresa, Raínha de Portugal. Os infanções de Portugal não gostam do plano, que os subalternizariam face aos infanções da Galiza, e revoltam-se, alçando Afonso Henriques, filho de Teresa e Henrique, a Conde de Portugal e depois Rei. O resto, é conhecido.

    Assim, a primeira raínha de Portugal foi D. Teresa, mãe de Afonso Henriques.

    E o primeiro rei, foi Garcia, tio-avô de Afonso Henriques

    ~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~

    ~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~

    Em tempo: o colega Paulo Seara alertou para o facto de haver um rei de Portugal, anterior ainda a Garcia II. Trata-se de Ramiro II, rei de Leão e das Astúrias, e tetra-avê de Garcia. Em disputa com seu irmão Afonso IV de Leão, que derrotou, no período entre 925 e 931 declarou-se Rex Portucalensis, estabelendo um reino com capital em Viseu, Isto passou-se no tempo do 3º e 4º condes portucalenses, e há documentos de doação deste rei a esses condes. Há lendas, no norte de Portugal, que referem este rei Ramiro. Assim, e emendando o texto anterior, o primeiro rei de Portugal foi Ramiro II de Leão. O seu tetra-neto Garcia II da Galiza foi o segundo.

    Dar um voto positivo

    110
    18
    4
    18 comentários de

    João Mergulhão

    e mais

  • ARCEBISPO AÇORIANO NOMEADO PELO PAPA

    Views: 0

    ARCEBISPO AÇORIANO NOMEADO PELO PAPA